LA VITA NON È UNA CREDENZA
Enrique Martínez LozanoMt 28, 1-10
Passato il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare il sepolcro. Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma l'angelo disse alle donne: "Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesú il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto." Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annunzio ai suoi discepoli.
Ed ecco Gesú venne loro incontro dicendo: "Salute a voi". Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono. Allora Gesú disse loro: "Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno."
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Le innegabili "incoerenze" che compaiono nei cosiddetti "racconti di apparizioni" si spiegano per il fatto che tali racconti non sono "cronache storiche" dell'accaduto, ma testi che tentano di balbettare ciò che fu un'esperienza che trascese i limiti spaziotemporali.
Nel testo che leggiamo oggi, risulta piuttosto strana la duplicità che suppone la presenza di un "angelo" prima, e dello stesso Gesú subito dopo. Indubbiamente, sia il carattere simbolico del racconto iniziale sia il fatto che poi continuasse a circolare per alcuni decenni, spiegherebbero questo tipo di "duplicità", contrasti o incoerenze che si manifestano tra questi racconti quando li leggiamo accuratamente o confrontiamo le diverse versioni che ne offrono i diversi evangelisti.
Tuttavia, c'è un fatto che si ripete in tutti e che presenta indizi di storicità: il protagonismo delle donne, come le "prime" testimoni della risurrezione.
Se teniamo conto del fatto che la parola della donna, in quella cultura, era priva di valore testimoniale, è facile concludere che quel protagonismo non è stato "inventato" dagli scrittori; dovette accadere qualcosa presso quel gruppo di discepole perché fosse da loro che nascesse il "primo annunzio" del Risorto. Tuttavia, storicamente, non abbiamo dei dati che ci consentano di aggiungere qualcos'altro. Ci rimane il carattere simbolico del racconto, e gli "echi" che lo stesso risvegli in noi.
L'incontro con il risorto avviene "all'alba del primo giorno della settimana". È ancora notte, le donne si sono alzate di buon'ora. La loro prontezza non è quella che provoca l'avvenimento, ma fa sí che possano esserne testimoni.
La nostra ricerca non potrà mai ottenere risultati che trascendono il livello mentale -la mente non può condurre oltre sé stessa-, però ci aiuta a "rimuovere veli", a "rotolare pietre" che ci impediscono di vedere.
Il messaggio che risuona invita a rimuovere alcune di quelle pietre pesanti: l'oscurità, la tristezza e il timore. Tutti i racconti di apparizioni -anche questo- trasmettono una parola chiara e decisiva di luminosità, di gioia e di fiducia.
Ora questa parola non la possiamo "captare" dalla mente. Perché la nostra mente -in quanto organo di conoscenza- s'intende unicamente di oggetti (fisici o mentali) e le sfugge tutto quello che non è oggettivabile, quello che trascende il livello di ciò che può essere misurato.
La verità dell'annunzio, pertanto, non può essere pensata. E se ci crediamo, semplicemente perché qualcuno ce l'ha trasmessa, ci ritroveremo appena con una credenza; niente di piú.
La verità dello stesso ci arriverà soltanto nella misura in cui avremo esperienza di essere la propria verità che si annunzia, il che richiede che siamo "situati" là dove siamo Vita.
Finché restiamo identificati con la nostra mente -credendo che la nostra identità è "l'io psicologico" o mentale-, non potremo superare le credenze. Solo nella misura in cui facciamo tacere la mente ed entriamo in contatto con la nostra vera identità, scopriamo di essere Vita, Luce, Gioia, Fiducia... Siamo situati nello stesso "luogo" in cui avviene l'esperienza che denominiamo di "risurrezione".
Quello che scopriamo non è che il nostro "io" abbia la vita assicurata, ma che la nostra vera identità è Vita, ed è in salvo da ogni contingenza.
Allora, "salute a voi"...,"non abbiate paura".
Enrique Martínez Lozano
Traduzione: Teresa Albasini