FUOCO, ANGOSCIA, CONFLITTO
Enrique Martínez LozanoLc 12, 49-53
"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre;
padre contro figlio e figlio contro padre,
madre contro figlia e figlia contro madre,
suocera contro nuora e nuora contro suocera."
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Fuoco, angoscia, divisione... Il lettore del vangelo incontra di solito delle difficoltà davanti a questo testo, al punto da non risultargli facile "inquadrarlo" nell'insieme del vangelo. Questo ha anche provocato che siano sorte interpretazioni molto diverse.
Cominciamo dall'immagine del fuoco. Nell'apocrifo Vangelo di Tomaso troviamo due testi similari: "Ho gettato fuoco sul mondo, ed ecco, lo custodisco fino a che divampi" (VangTom 49); e "Colui che è vicino a me, è vicino al fuoco. Colui che è lontano da me, è lontano dal Regno." (VangTom 82).
Secondo questi testi, sembra adeguato vedere il fuoco come una metafora del Regno. Sempre a questo mirerebbe la frase del vangelo di Luca, nel sottolineare il desiderio manifesto di Gesú che fosse già acceso.
Se teniamo presente che la passione per il Regno costituí il fulcro della vita e la missione del maestro di Nazaret, si fa ancora piú patente questo significato. Gesú esprime il suo desiderio intenso che il Regno si faccia presente nella realtà del mondo.
Il fuoco dà calore, illumina e purifica. E la stessa cosa si può applicare al Regno. Il freddo, l'oscurità e la confusione caratterizzano l'esistenza che si è ridotta all'ego. Disconnessa da chi è realmente, la persona che vive identificata con il proprio ego non può che vedersi avvolta nell'aridità, l'ignoranza e il timore. Il suo primo bisogno -se vogliamo esprimerlo con questa immagine- è quello di avvicinarsi al fuoco, che porterà luce nella sua vita, certezza nella sua percezione e limpidezza nei suoi atteggiamenti e comportamenti.
Luce, certezza e limpidezza che vengono unicamente dalla verità di ciò che è, Ciò che costituisce il nucleo ultimo di tutto il reale e, pertanto, la nostra identità piú profonda. Ciò è quello che Gesú chiamava "Regno di Dio".
Non proviamo anche noi, nel nostro interno, un desiderio ardente che il "fuoco" si manifesti, ci prenda e si espanda? La chiave consiste nel percepire che la nostra identità è già questo stesso "fuoco" e che il segreto della vita -che ci fa uscire dall'ignoranza e risvegliare- non è altro che quello di riconoscerci e viverci a partire da questo.
La frase che allude all'angoscia davanti al battesimo, secondo la maggior parte degli esegeti non proverrebbe dallo stesso Gesú, ma si tratterebbe piuttosto di una lettura retrospettiva realizzata dalla prima comunità. Cioè, una volta avvenuta l'esecuzione di Gesú, i discepoli la leggono come un "battesimo di sangue" e attribuiscono a Gesú un sentimento di angoscia davanti ad essa.
Un senso similare è quello che ha la domanda che si pone in bocca a Gesú, quando si rivolge ai figli di Zebedèo allorché essi gli chiedono di sedere accanto a lui: "Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?" (Mc 10,38).
Sia il "calice" (sofferenza) che il "battesimo" si riferiscono, indubbiamente, alla morte. Ma il testo non rimanderebbe a Gesú, bensí all'interpretazione che la comunità fece della sua morte.
E il terzo tema è quello della divisione. Non era stata annunziata la nascita di Gesú -proprio in questo stesso vangelo di Luca- come "pace agli uomini" (Lc 2,14)? Che cosa significa che Gesú si presenti come fonte, non di pace, ma di divisione?
Non è difficile supporre che, dietro queste parole, si trovi l'esperienza della propria comunità di cui farebbero parte alcune persone che, in seguito alla loro adesione al gruppo, avrebbero dovuto troncare i rapporti con la propria famiglia, o addirittura sarebbero state perseguitate dalla stessa. Cosí appare in altri testi del vangelo. Si potrebbe trattare, dunque, di una nuova lettura retrospettiva: la comunità che vede come la nuova fede divide la realtà famigliare -cosí importante in quella cultura- pone in bocca a Gesú parole che, in un certo senso, "predicono" ciò che sarebbe avvenuto piú tardi.
Ma c'è ancora qualche dato. Da una parte, sebbene sia certo che Luca mostra la nascita di Gesú come "buona notizia di pace", non lo è di meno che, nel racconto della presentazione di Gesú bambino al tempio, fa pronunciare a Simeone: "Egli è segno di contraddizione, e anche a te [sua madre] una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,34). Dall'altra, esisteva una tradizione profetica e apocalittica in Israele che vedeva nel troncamento delle relazioni famigliari un segno delle tribolazioni degli ultimi giorni, che annunciavano già il "mondo nuovo".
In conclusione: mettendo in bocca a Gesú queste parole, l'autore, allo stesso tempo che rende noto un fatto subito nella sua comunità -divisioni e persecuzioni-, nutre la speranza che la liberazione definitiva è vicina.
Nel nostro "linguaggio": la pace profonda che siamo non elimina né il conflitto né la divisione, come neanche il dolore -tutto ciò fa parte dell'esistenza cosí come la conosciamo-, ma ci mantiene equanimi nella Certezza di Ciò che è.
Enrique Martínez Lozano
Traduzione: Teresa Albasini