MISSIONE E FIDUCIA
Enrique Martínez LozanoMt 28, 16-20
Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesú aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesú, avvicinatosi, disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terrra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo."
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Con questo testo finisce il vangelo di Matteo. Vi sono raccolti tre temi molto importanti nelle prime comunità: la fede nel Risorto, la missione e la fiducia nella sua presenza permanente. Vorrei commentare qualcosa su ciascuno di essi.
1. A volte, cosí come venivano presentati i racconti delle apparizioni nella catechesi o nella predicazione, si aveva l'impressione che i primi discepoli non avessero mai avuto alcun problema di fede. Secondo queste presentazioni, avrebbero visto il risorto di un modo similare a come lo avevano visto prima della sua morte.
Tuttavia, non può essere stato cosí, e ci sono anche dei testi -come questo- che non lo nascondono. Nello stesso tempo che presenta l'atteggiamento del credente con il segno della prostrazione -riconoscendo Gesú come il Signore-, non nasconde che "alcuni dubitavano".
No; i primi discepoli non ebbero piú "vantaggi" di quelli che sarebbero venuti piú tardi. Sia per gli uni che per gli altri, la presenza del risorto non è accessibile -per usare un linguaggio classico- né all'"occhio della carne" né all'"occhio della mente". Bisogna imparare a guardare con l'"occhio dello spirito" (o "terzo occhio"), il che diventa possibile solo quando facciamo tacere la mente e ci apriamo all'esperienza del Mistero, in quanto nucleo intimo e onnipresente del nostro proprio essere.
2. La missione, cosí come viene presentata in questo racconto, adotta una forma che non risale al Gesú storico. Infatti l'invio che fa Gesú -e che racconta lo stesso Matteo- presenta delle caratteristiche ben diverse: "Predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni" (Mt 10,7-8).
Che cosa è successo che possa spiegare le differenze fra i due testi? Qualcosa di molto semplice: il primo raccoglie piuttosto il sentire di Gesú -favorire la vita- e contiene direttamente il suo proprio sapore; il secondo -che parla addirittura del battessimo nel nome della Trinità- nasce nel contesto di una comunità di discepoli abbastanza sviluppata, che intente la missione in chiave proselitistica, come qualsiasi gruppo religioso che si sta iniziando.
3. E l'ultima frase di tutto il vangelo è una promessa, fonte di fiducia. Le prime comunità dovettero vivere la certezza della presenza di Gesú con notevole intensità. L'Appendice del vangelo di Marco termina con una frase simile: "Essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro" (Mc 16,20).
La fiducia nasce dalla certezza dell'unità: "Io-con-voi". Avviene sempre cosí, perfino nei bambini piú piccoli. La fiducia psicologica del bambino, che potrà costituire una piattaforma sicura su cui appoggiarsi lungo tutta la sua esistenza, prenderà forma, fondamentalmente, attraverso l'esperienza di "attaccamento sicuro" alla figura materna, attraverso "l'ordito affettivo" (J. Rof Carballo) intessuto con la madre e con altre figure significative per lui.
Di un modo simile, la fiducia esistenziale poggia sull'esperienza dell'unità con tutto. L'io, nel percepirsi isolato e separato dall'insieme, è condannato alla solitudine, la paura e l'ansietà. Superato quest'inganno, nell'accedere alla nostra vera identità, scopriamo che possiamo riposare fiduciosamente in ciò che è (ciò che siamo).
Ma, inoltre, l'autore del vangelo sembra fare un'allusione intenzionata e carica di senso. L'"Io sono con voi" lo si può prendere come un nome proprio di Gesú, in quanto richiama il primo capitolo del vangelo matteano, in cui, citando il profeta Isaia, si dice: "Sarà chiamato Emmanuele (che significa: Dio con noi)" (Mt 1,23).
Dunque Matteo fa qui ciò che si conosce come un'inclusione: Gesú è il Dio con noi (Emmanuele). Cosí viene presentato e cosí lui stesso si congeda.
E con questo azzeccato e bellissimo nome, siamo di nuovo condotti a percepire l'Unità del Mistero, nelle sue due facce -il divino e l'umano, l'invisibile e il manifesto-, abbracciate nella non-dualità.
Come Gesú, tutto ciò che è contiene questo "doppio volto": siamo la forma concreta in cui si manifesta la Coscienza una. Questa è la fonte di ogni fiducia.
Enrique Martínez Lozano
Traduzione: Teresa Albasini