ACCETTARE LA ZIZZANIA CI UMANIZZA
Enrique Martínez LozanoMt 13, 24-43
Un'altra parabola espose loro cosí: "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorí e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio."
*****
La personalità fanatica tende a vedere la realtà completamente scissa in due: tutto è bianco o nero, vero o falso, buono o cattivo, "grano o zizzania"; per essa non esistono altre tonalità. Per quello, diventa un giudice implacabile che "salva" o "condanna".
Sappiamo però che, dietro a quell'apparenza di durezza e intransigenza, ciò che si nasconde è un'insicurezza minacciosa, anche se spesso inconsapevole per lo stesso individuo. Il fanatismo, per l'appunto, svolge la funzione di tenerla a bada, anche se deve pagare un prezzo eccessivamente alto, per il logorío e la sofferenza che ciò comporta.
L'intolleranza, ci avvertiva il fisico russo Andrei Sàjarov, non è altro che "l'angoscia di non avere ragione". Ma impossibilita il riposo e la pace, perché si fonda su una non accettazione della realtà cosí com'è.
Qualcosa di simile accade negli atteggiamenti fondamentalistici: nell'identificare le proprie credenze con la verità, e avendone fatto il sostegno della propria sicurezza psicologica, non c'è altra soluzione che condannare tassativamente tutto quello che possa mettere in discussione l'"ordine" che la propria mente ha stabilito (e che, nel caso religioso, si tenterà di giustificare appellandosi ad un'autorità divina).
Ecco qui che si uniscono tutti questi profili mentalmente autoritari: pur senza pretenderlo, stanno coltivando il seme del fanatismo che viene sempre fuori allorché si adotta un atteggiamento di superiorità morale.
Con un senso dell'umorismo che non nasconde la tragedia, lo scrittore israeliano Amos Oz scrive cosí: "L'essenza del fanatismo risiede nel desiderio di voler costringere gli altri a cambiare. In quella tendenza cosí comune di voler migliorare il vicino, emendare la moglie, far diventare ingegnere il figlio o raddrizzare il fratello invece di lasciarli essere. Il fanatico è una creatura molto generosa. Il fanatico è un grande altruista. Spesso, è piú interessato agli altri che non a sé stesso. Vuole salvare la tua anima, redimerti.
Liberarti dal peccato, dall'errore, dal fumo. Liberarti dalla tua fede o dalla tua carenza di fede. Vuole migliorare le tue abitudini alimentari, riuscire a farti smettere di bere o di votare. Il fanatico si fa in quattro per te. Delle due una: o ci getta le braccia al collo perché ci vuole bene davvero o si lancia alla nostra giugulare se dimostriamo di essere degli irredenti.
In ogni caso, topograficamente parlando, gettare le braccia al collo o lanciarsi alla giugulare è quasi lo stesso gesto. In un modo o nell'altro, il fanatico è piú interessato all'altro che a sé stesso per la semplicissima ragione che ha un sé stesso piuttosto esiguo oppure nessun sé stesso in assoluto" (A. OZ, Contra el fanatismo, Debolsillo, Barcelona 2005, pp.28-29).
La tragedia si potrebbe formulare in questo modo: il grano e la zizzania non si danno in campi diversi, né dividono le persone in due gruppi: buoni e cattivi, come il fondamentalismo vorrebbe far credere. Grano e zizzania abitano insieme in ogni cuore umano.
Ancora di piú: nella misura in cui veniamo a conoscere il funzionamento dell'ombra, ci rendiamo conto che è proprio quello che piú ci irrita ciò che -pur se riflesso nel vicino- abbiamo in noi stessi. La "zizzania" che piú detestiamo nel prossimo è quella che è piú nascosta nel nostro interno.
Perciò, l'atteggiamento saggio è quello di "lasciarli crescere insieme". Un tale atteggiamento rimanda per l'appunto a quello che dobbiamo fare con la nostra ombra: accettarla, abbracciarla, per poterla riconoscere come propria -in questo modo, smettendo di proiettarla sugli altri, rinunceremo a giudicarli-, senza però ridurci ad essa.
Il dono che questo lavoro nasconde per colui che lo intraprende è una crescita in integrazione e in umiltà. Paradossalmente, l'accettazione della "zizzania" ha finito per umanizzarci, facendoci scendere dal piedistallo egoico -fatto di esigenza, perfezionismo e certe idee di "superiorità"- che sosteneva il fanatismo, e avvicinandoci alla nostra verità completa.
Enrique Martínez Lozano
Traduzione: Teresa Albasini