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LASCIAR CADERE LE ETICHETTE

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Mt 15, 21-28

Partito di là, Gesú si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio." Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i discepoli gli si accostarono implorando: "Esaudiscila, vedi come ci grida dietro." Ma egli rispose: "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele." Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: "Signore, aiutami!" Ed egli rispose: "Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini." "È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni." Allora Gesú le replicò: "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri." E da quell'istante sua figlia fu guarita.

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Gli studiosi giudei che si sono accostati alla figura di Gesú (Joseph Klausner, Schalom Ben Chorim, Pinchas Lapide, Geza Vermes, David Flusser, Jacob Neusner, Mario Javier Saban...) insistono, a ragione, sul carattere giudaico del maestro di Nazaret. Denunciano la de-giudaizzazione a cui fu sottoposto dalla teologia cristiana e si ribellano contro la pretesa di questa stessa teologia quando afferma una presunta superiorità etica del cristianesimo rispetto al giudaismo. A chi fosse interessato/a a questo argomento, consiglio la lettura del libro di M.J. SABAN, El judaísmo de Jesús. Las enseñanzas éticas de la Torá y de la tradición israelita de Yeshua de Nazaret, edizione dell'autore, Buenos Aires 2008 (www.mariosaban.com).
E alcuni di essi si appoggiano a questo testo per mostrare la reazione di Gesú, che sarebbe stata quella di un rabbino giudeo dell'epoca. Il suo messaggio era diretto unicamente al popolo di Israele, ragion per cui ignora la supplica della donna cananèa. Ancor di piú, davanti all'insistenza di questa, Gesú si rivolge a lei con il termine spregiativo ("cani") usato dai giudei per riferirsi ai gentili.
Ci troviamo, dunque, davanti ad un rabbi giudeo, fedele alla tradizione del suo popolo, sebbene su tanti altri punti offrisse un'interpretazione nuova e originale di quella stessa tradizione, in linea con il rabbino Hillel l'Anziano.
In che cosa consiste dunque la novità della situazione riflessa in questo racconto? Sembra chiaro che nella flessibilità di Gesú, che non esita a modificare la sua prospettiva in quanto, grazie all'atteggiamento della donna cananèa, si apre a un orizzonte piú grande.
Non sembra esagerato dire che Gesú visse qui un'esperienza di "conversione". Improvvisamente, si lasciò "uscire" da uno schema prestabilito, sanzionato dalla tradizione del suo popolo, aprendosi alla novità sconcertante che rompeva le barriere nazionali e religiose.
Grazie a questa nuova prospettiva, cadde l'etichetta con cui un giudeo guardava i gentili ("cani") e fu possibile una relazione semplicemente umana, al di là di barriere o frontiere artificialmente costruite.
In realtà, "pensare" equivale a porre etichette. Crediamo per questo che, pensando, ci avviciniamo alla verità, ma potrebbe essere proprio il contrario. Poiché, nel fatto stesso di pensare, quello che facciamo è sovrimporre nomi e forme a qualsiasi realtà, avvenimento o persona che ci appare davanti. E quindi, piú che "vedere", lo "interpretiamo" a partire dai nostri giudizi previ.
Quando questo accade -ed è la cosa piú abituale finché siamo situati nella mente- non solo non riusciamo a vedere con nitidezza, ma sfiguriamo e falsiamo la realtà. Ciò vuol dire che spesso il pensiero ci allontana dalla realtà, al punto che prendiamo come "verità" ciò che non è che una convenzione sociale, sostenuta dai nostri schemi mentali.
È questo il funzionamento tipico dell'ego. Dato che l'ego non è altro che la nostra identificazione con la mente, soltanto sa muoversi a partire dalle etichette che questa gli mostra. Con un'aggiunta: le colorerà tutte con un "mi piace" o "non mi piace", e farà di questo giudizio la sua unica legge.
L'ego è rigido, perché si sente costretto ad una ricerca affannosa e ansiosa di sicurezza. Per questo, rifiuterà qualsiasi "novità" e pretenderà che la realtà si accomodi invariabilmente ai suoi propri criteri.
Occorre molto coraggio e molta umiltà per assumere un cambiamento come quello che, in questo racconto, percepiamo in Gesú. Tuttavia, non è meno certo che la crescita umana non è possibile se non mettiamo in discussione le nostre presunte "verità" -che di solito non sono altro che routine accettata-, e ci apriamo alla Realtà senza etichette che la mascherano.
"La verità -diceva Krishnamurti- risiede nell'osservazione di ciò che è. Vedere sé stessi cosí come si è, è il principio e la fine di ogni ricerca." La verità non è nella mente, ma è una con la Realtà. E, per vederla, dobbiamo esserla, il che richiede di imparare a silenziare la mente, per prendere le distanze dai suoi schemi e dalle sue etichette.


Enrique Martínez Lozano
Traduzione: Teresa Albasini
www.enriquemartinezlozano.com

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