IMPARARE DAI SEMPLICI
José Antonio PagolaGesù non ebbe problemi con la gente semplice del villaggio. Sapeva che lo capivano. Quello che lo preoccupava era se un giorno sarebbero arrivati a capire il suo messaggio i leader religiosi, gli specialisti della legge, i grandi maestri d'Israele. Era sempre più evidente: quello che riempiva di gioia il popolo semplice, lasciava loro indifferenti.
Quei contadini che vivevano combattendo la fame e i grandi latifondisti lo capivano molto bene: Dio li voleva vedere felici, senza fame né oppressori. Gli infermi si fidavano di lui e, animati dalla fede, tornavano a credere nel Dio della vita. Le donne che osavano uscire dalla casa per ascoltarlo intuivano che Dio doveva amare come diceva Gesù: con viscere di madre. La gente semplice del popolo sintonizzava con lui. Il Dio che annunciava loro era quello che desideravano e di cui avevano bisogno.
L'atteggiamento degli «intenditori» era diverso. Caifa e i sacerdoti di Gerusalemme lo vedevano come un pericolo. I maestri della legge non capivano che si preoccupasse tanto della sofferenza della gente e si dimenticasse delle esigenze della religione. Per questo, fra i seguaci più vicini a Gesù non ci furono sacerdoti, scribi o maestri della legge.
Un giorno, Gesù rivelò a tutti quello che sentiva nel cuore. Pieno di gioia pregò così Dio: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli».
È sempre così. Lo sguardo della gente semplice è, ordinariamente, più limpido. Non c'è nel loro cuore tanto interesse complicato. Vanno all'essenziale. Sanno che cosa è soffrire, sentirsi male e vivere senza sicurezza. Sono i primi che comprendono l'Evangelo.
Questa gente semplice è il meglio che abbiamo nella Chiesa. Da loro dobbiamo imparare vescovi, teologi, moralisti ed esperti in religione. A loro Dio rivela qualcosa che a noi sfugge. Noi ecclesiastici abbiamo il rischio di razionalizzare, teorizzare e «complicare» troppo la fede. Solo due domande: perché c'è tanta distanza tra la nostra parola e la vita della gente? Perché il nostro messaggio risulta quasi sempre più oscuro e complicato di quello di Gesù?
José Antonio Pagola
Traduzzione: Mercedes Cerezo
Publicado en www.gruposdejesus.com