Buscador Avanzado

Autor

Tema

Libro de la biblia

* Cita biblica

Idioma

Fecha de Creación (Inicio - Fin)

-

UNA MORALE SENZA PECATO?

Rate this item
(1 Vote)

Si dice spesso che è scomparsa la coscienza del peccato. Non è del tutto vero. Succede che la crisi di fede ci ha comportato un modo diverso, non sempre più sano di affrontare il proprio senso di colpa. Di fatto, non pochi di quelli che prescindono di Dio vivono in maniera più confusa e solitaria.

Alcune persone hanno mantenuto un modo più primitivo e arcaico di vivere il peccato. Si sentono «macchiati» dalla loro malvagità. Indegni di convivere con i loro cari. Non conoscono l’esperienza di un Dio che perdona, ma non hanno nemmeno trovato un altro cammino per liberarsi dal loro malessere interiore.

Altri continuano a vivere il peccato come una «trasgressione». È certo che hanno cancellato dalla loro coscienza qualche «comandamento», ma quello che non è scomparso nel loro interiore è l’immagine di un Dio legislatore davanti al quale non sanno come comportarsi. Sentono la colpa come una trasgressione con cui non è facile convivere.

Molti vivono il peccato come un’«auto accusa». Dato il processo di indebolimento della la loro fede in Dio, la colpa diventa un’«accusa senza accusatore» (Paul Ricoeur). Non c’è bisogno che qualcuno li condanni. Lo fanno loro stessi, ma, come liberarsi da quest’autocondanna? Basta dimenticare il passato e tentare di eliminare la propria responsabilità?

Si è anche fatto il tentativo di ridurre il peccato a una «disturbo psicologico» in più. Un handicap della persona: il peccatore sarebbe una sorta di «ammalato», vittima della propria debolezza. Si è persino arrivato a parlare di una «morale senza peccato». Ma è possibile vivere una vita morale senza sentire la colpevolezza?

Per il credente, il peccato è una realtà. È inutile nasconderlo. Il cristiano, anche se si sa molto condizionato nella sua libertà, si sa responsabile della sua vita davanti a se stesso e davanti a Dio. Per questo confessa il suo peccato e lo riconosce come un’«offesa contro Dio». Contro un Dio, però, che cerca soltanto la felicità dell’essere umano. Non dobbiamo dimenticare mai che il peccato offende Dio poiché fa male a noi stessi, esseri infinitamente amati da lui.

Sorpreso dalla presenza di Gesù, Pietro reagisce riconoscendo il suo peccato: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore». Ma Gesù non si allontana da lui anzi gli affida una nuova missione: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Riconoscere il peccato e chiedere perdono è, per il credente, la maniera sana di rinnovarsi e crescere come persona

 

José Antonio Pagola

Traduzione: Mercedes Cerezo

Publicado en www.gruposdejesus.com

Read 1383 times
Login to post comments