A DIO QUELLO CHE È DI DIO
José Antonio PagolaLa trappola di Gesù è molto ben pensata: «è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Se risponde negativamente, verrà accusato di ribellione contro Roma. Se accetta, rimarrà discreditato davanti alle genti che vivono sfruttate dalle imposte, che invece lui sembrerebbe amare e difendere.
Gesù gli chiede di mostrargli «la moneta del tributo». Lui non ce l'ha, perché vive come un vagabondo itinerante, senza terre né un lavoro fisso; non ha problemi con gli esattori. Dopo chiede loro quale immagine c'è in quel denaro d'argento. Rappresentava Tiberio, e c'era scritto: «Tiberius Caesar, Divi Augusti Filius Augustus». Nel rovescio si poteva leggere: «Pontifex Maximus».
Il gesto di Gesù chiarisce tutto. I suoi avversari sono schiavi del sistema, perché, se utilizzano una moneta con simboli politici e religiosi, riconoscono la sovranità dell'imperatore. Non è il caso di Gesù, che vive di maniera povera, ma libera, dedito ai più poveri ed esclusi dell'Impero.
Allora Gesù aggiunge una cosa che nessuno gli ha chiesto. Gli hanno domandato sui diritti di Cesare ed egli risponde loro ricordando i diritti di Dio: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». La moneta riporta l'immagine dell'imperatore, ma l'essere umano, come ricorda il vecchio libro della Genesi, «è immagine di Dio». Perciò non deve mai essere sottomesso a nessun imperatore: Gesù l'aveva ricordato molte volte: i poveri appartengono a Dio, i piccoli sono i suoi figli prediletti; il Regno di Dio e suo. Nessuno deve abusare di loro.
Gesù non dice che una metà della vita, quella materiale ed economica, appartiene alla sfera di Cesare, e l'altra metà, quella spirituale e religiosa, alla sfera di Dio. Il su messaggio è diverso: se entriamo nel regno, non dobbiamo permettere che nessun Cesare sacrifichi quello che solo appartiene solo a Dio: gli affamati del mondo, i subsahariani abbandonati che arrivano nei barconi, quelli che non hanno documenti. Nessun Cesare può contare su di noi.
José Antonio Pagola
Traduzione: Mercedes Cerezo
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