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ALITO VITALE CHE SI ESPRIME IN TUTTO

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Gv 20,19-23

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesú, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!" Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesú disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi." Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi."

In questo racconto di apparizione, l'autore del quarto evangelo vuole "rendere visibile" il momento in cui Gesú comunica il suo Spirito ai discepoli. Risponde cosí alla promessa che lo stesso autore aveva raccolto nel cosiddetto "testamento spirituale" di Gesú: "Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre" (Gv 14,16; 14,26); "il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre" (15,26; 16,7; 16,13).

In realtà, Giovanni aveva fatto coincidere l'effusione dello Spirito con la morte di Gesú, il quale "chinato il capo, rese lo spirito" (19,30). Quello che si dice adesso in questo racconto non è quindi che una conferma: la comunità si sa abitata e sostenuta dallo stesso Spirito di Gesú.

La tendenza a separare gli avvenimenti pasquali è patente già in Luca, che introduce una curiosa periodizzazione che avrebbe segnato il ritmo delle celebrazioni liturgiche per secoli.

Non attribuendo troppa importanza alla concordanza delle sue affermazioni -nel vangelo (24,50) colloca l'ascensione nella stessa domenica di Risurrezione; negli Atti (1,3), invece, quaranta giorni dopo-, stabilisce una cronologia che è rimasta fino al momento attuale: risurrezione, il terzo giorno dopo la morte; ascensione, quaranta giorni dopo la risurrezione; pentecoste o effusione dello Spirito, cinquanta giorni dopo.

Il suo nullo interesse per evitare la contraddizione in cui incorre fa pensare che si tratti semplicemente di un artificio letterario, a partire da una motivazione simbolica. In realtà tutto l'avvenimento pasquale è uno e avviene contemporaneamente: morte-risurrezione-ascensione-pentecoste.

Anzi, ciò che noi cristiani diciamo della morte/risurrezione di Gesú è quello che è sempre avvenuto e che qui viene svelato. Non è che lo Spirito fosse "ai margini" della vita del mondo e degli esseri umani fino al giorno della Pentecoste. In quanto Dinamismo di Vita, lo Spirito non solo accompagna permanentemente il processo della storia, ma è lo Spirito stesso l'anima di tutto questo dispiegarsi.

In questo senso, in una prospettiva non-duale, possiamo dire che la storia non è altro che il dispiegarsi o manifestarsi dello Spirito in forme materiali. Bisogna evitare di intenderlo sia in modo dualistico -come farebbe la nostra mente che, per forza, pensa lo Spirito come una realtà "separata" dal resto- sia in modo panteistico, opera anche questa della mente che, all'altro estremo, pensa tutto come unità indifferenziata.

Superati entrambi gli estremi, le due facce polari del modo in cui la mente può avvicinarsi alla realtà, siamo invitati a trascendere la mente per aprirci ad una sapienza superiore, che fa giustizia a ciò che è reale, senza separare nulla e senza confonderlo. È la prospettiva non-duale, che hanno sperimentato e nella quale si sono espressi da sempre i mistici.

Santa Teresa di Gesú, probabilmente una delle piú grandi rappresentanti di quello che, nel cammino spirituale, potremmo definire la "via relazionale o affettiva", e quindi per niente sospetta di "velleità panteistiche", nella sua opera di maturità "Le Dimore", scrive:

"È un segreto sí grande e una mercede sí alta ciò che lí comunica Dio all'anima in un istante, e il grandissimo diletto che prova l'anima, che non so a che cosa paragonarlo, se non è che il Signore vuole manifestarle per quel momento la gloria che c'è nel cielo in un modo piú alto di qualsiasi visione o gusto spirituale. Non si può dire altro che, per quanto può essere compreso, rimane l'anima, voglio dire lo spirito di quest'anima, fatto una sola cosa con Dio...

"In quest'altra mercede del Signore [quello che la santa chiama lo "sposalizio spirituale"], rimane sempre l'anima con il suo Dio in quel centro. Diciamo che sia l'unione come se due candele di cera si avvicinassero cosí tanto che tutta la luce fosse una, o che il lucignolo e la luce e la cera è tutt'uno... Ecco è come se cadendo acqua dal cielo in un fiume o in una fonte, dove rimane tutto fatto acqua, che non potranno piú dividere né separare l'acqua del fiume da quella che cadde dal cielo; o come se un piccolo ruscelletto entrasse nel mare, che non potrà piú separarsene; o come se in una stanza ci fossero due finestre da dove entrasse gran luce: anche se vi entra divisa diventa tutto una luce" (Le Dimore VII,2.3-4).

Per parte sua, san Giovanni della Croce esprime la stessa cosa con non meno forza:

"Dio le comunica [all'anima] il suo essere soprannaturale in maniera tale che sembra lo stesso Dio ed ha quello che ha lo stesso Dio. E si fa tale unione quando Dio fa all'anima questa soprannaturale mercede, che tutte le cose di Dio e l'anima sono una in trasformazione partecipante. E l'anima piú sembra Dio che anima, ed essa è pure Dio per partecipazione" (Salita al Monte Carmelo II,5.7).

A mio parere non possiamo leggere queste esperienze che ci trasmettono i mistici come se si trattasse di "doni" speciali che Dio conferisse arbitrariamente, o come se fossero l'eccezione a ciò che è la realtà.

Succede proprio al contrario. Quello che i mistici vedono -come quello che vide Gesú di Nazaret- è quello che si verifica sempre, la Realtà cosí com'è. Il fatto che la maggior parte delle persone non la percepiscano fa sí che queste descrizioni siano viste come qualcosa di eccezionale.

I mistici possono essere ancora delle "eccezioni" in confronto a quelli che non vedono, ma quello che essi ci trasmettono -sempre nei limiti della povertà dei concetti e delle parole per esprimere una realtà che trascende la mente, ed usando anche degli schemi mentali propri della loro epoca e cultura- non è niente di "eccezionale", ma piuttosto una descrizione piú appropriata di Ciò che è Reale.

Succede che l'idea dell'identificazione con la mente fa sí che ciò che è falso si veda come se fosse reale, e ciò che è vero come se fosse falso.

Nell'esperienza mistica -in una prospettiva non duale- lo Spirito non è "Qualcuno" che fa "qualcosa" su "qualcuno", sebbene la nostra mente, volendo spiegarlo, non possa esprimerlo in un altro modo.

Il termine "spirito", nelle tradizioni antiche, appare associato al vento, alla respirazione e all'energia. Ruaj, in ebraico; pneuma, in greco; spiritus, in latino; qi (o chi), in cinese; prana, in sanscrito... Tutti quanti sono termini che fanno riferimento a "alito vitale", "soffio di vita", "energia"..., ed hanno uno stretto rapporto con la propria respirazione.

A partire dal simbolismo che ci regalano le etimologie, possiamo parlare dello Spirito come dell'Alito ultimo di tutto ciò che è, ma un Alito non-separato da ciò che è, che fa invece possibile che sia e lo costituisce nel suo nucleo piú intimo; come dell'Energia originaria che tutto muove e di cui sono fatte tutte le cose; come del Dinamismo vitale che rende possibile la vita e il dispiegarsi di essa in forme infinite; come del Vuoto primordiale -atemporale e illimitato- dal cui interno sta spuntando tutto ciò che è manifesto...

Sempre in questa prospettiva, in tutto ciò che vediamo stiamo "vedendo" lo Spirito che agisce, il quale riconosciamo, inoltre, come il nostro nucleo piú intimo, l'Identità piú profonda. E ci vengono in mente le sagge parole di Pierre Theilhard de Chardin: "Non siamo esseri umani che vivono un'avventura spirituale, ma esseri spirituali che vivono un'avventura umana."

Solo cosí si può comprendere in modo adeguato che cos'è l'evoluzione in tutta la sua profondità: Lo Spirito dorme nei minerali, si risveglia nei vegetali, sente negli animali e ama negli umani. O, altrimenti detto: Lo Spirito dorme nella pietra, sogna nel fiore, si risveglia nell'animale e sa di essere sveglio nell'essere umano.

Rimasi stupito nel constatare che, presentandolo in questo modo a studenti liceali, dissero di "capire" che cos'è la Trascendenza e l'Unità di tutto. Indubbiamente, i bambini ed i giovani hanno la capacità di percepire la dimensione spirituale di tutto ciò che è reale. Peccato che l'istruzione accademica sia ancora cosí piatta e materialista, perché gli sta privando della possibilità di curare la loro maggiore ricchezza: l'intelligenza spirituale.

Questa intelligenza è la capacità di prendere le distanze dalla mente separatrice, di smettere di identificarci con essa e di diventare consapevoli della nostra vera identità.

Solo allora ci renderemo conto che lo Spirito vive in noi, impulsando la nostra coscienza... finché riconosceremo in esso il nostro vero volto.

 

Traducción de Teresa Albasini Legaz

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