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Libro de la biblia

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Lc 21, 25-28.34-36

"Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina." "State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo."

 

Se c'è una parola che percorre tutte le tradizioni sapienziali, questa parola è "risveglio". Probabilmente, nei vangeli sinottici è stata interpretata usando categorie mitiche, dandole un carattere individualistico e moralistico. Secondo questa interpretazione, "vegliare" sembrava equivalere a mantenere un corretto comportamento morale con lo scopo di raggiungere, in questo modo, la salvezza (individuale, o dell'io).

È comprensibile che, in quel contesto storico e culturale, si facesse questo tipo di lettura. Mi sembra però che l'invito originario a "vegliare" rivesta una profondità infinitamente piú grande, che connette con quella parola con cui Gesú inizia la sua attività pubblica: "Convertitevi".

Anche la "conversione" è stata letta in chiave moralistica. In realtà, si tratta -se stiamo all'originale- di una "metanoia", ovvero di un nuovo modo di vedere o di conoscere, di un "conoscere oltre la mente". La conversione e il risveglio sono quindi due modi di riferirsi alla stessa realtà.

Che cosa significa "risveglio"? In quale "sonno" siamo sommersi? Come accorgerci che "dormiamo"? C'è qualcosa che possiamo fare?... Tutte queste domande mi vengono in mente ascoltando l'invito messo in bocca a Gesú: "Vegliate in ogni momento".

Pare che la caratteristica del sonno sia la confusione: infatti quando dormiamo confondiamo ciò che vi appare (il sogno) con la realtà, non essendo consapevoli del fatto che è il proprio sognatore colui che crea il mondo onirico che, finché dorme, prende per reale. È solo al risveglio che si rende conto di ciò che è accaduto. In quel momento scompare la confusione e sorride al ricordo delle immagini che aveva preso per reali. Questo sorriso non è altro che l'effetto della comprensione e il segno della liberazione di fronte alle fantasie oniriche.

Torniamo ora alla nostra vita di veglia. Di un modo simile a quello che accade nel sonno, sappiamo di dormire ogni volta che proviamo confusione e sofferenza: non sappiamo riconoscerci nella nostra vera identità e non riusciamo a liberarci dalla sofferenza; sia la confusione che il malessere emozionale sono figli dell'ignoranza essenziale che caratterizza il "sonno", a tal punto che l'una e l'altro non scompariranno finché non avremo trovato la risposta adeguata alla domanda "chi sono io?", vale a dire, finché non ci risveglieremo.

Il segno piú chiaro che dormiamo è la sofferenza. Poiché, anche se il dolore è inevitabile, la sofferenza è sempre opzionale: appare quando ci riduciamo a ciò che non siamo. Nell'identificarci con il corpo, la mente, i pensieri, i sentimenti, le circostanze che ci riguardano..., succedono due cose: da una parte, ci riduciamo a un "oggetto" -pensando di essere quello con cui, inconsapevolmente, ci eravamo identificati-; dall'altra, restiamo in balia dello stesso. Cosí, basterà un problema corporale o un'avversità emozionale per pensare che "io" sono in pericolo e sommergermi nella sofferenza.

Letto in un'altra prospettiva, questo significa che possiamo vedere qualunque sofferenza come un "preallarme" che ci sta invitando ad uscire dall'inganno in cui eravamo e a "risvegliarci" alla nostra vera identità.

Ci risvegliamo quando riconosciamo che non siamo un "oggetto", ma la Coscienza illimitata e non-duale che si esprime temporaneamente nella forma di questo "io". Per questo, checché possa accadere, ciò che siamo non ne viene colpito.

È chiaro che il risveglio non è alla portata della nostra mente -nello stesso modo in cui chi dorme non si sveglia quando vuole: la volontà non è in grado di "spostarci" da uno stato di coscienza ad un altro-. Tuttavia, c'è qualcosa in cui possiamo addestrarci: nel riconoscimento di ciò che non siamo. In questo modo riusciremo a disfare identificazioni e, come se si cominciasse a rimuovere il velo, potrà emergere la coscienza limpida della nostra vera identità. "Non sono il mio corpo, non sono la mia mente, non sono questa circostanza, non sono questa reazione, non sono questo "io"..., non sono niente di ciò che posso osservare". La conclusione verrà fuori da sé: sono Ciò che osserva e che, essendo, non può essere osservato.

La persona sveglia è quella che lo ha sperimentato e, grazie a questo, vive ancorata, radicata e connessa alla sua vera identità, al "Io Sono" universale e non-duale cui anche lo stesso Gesú si riferiva.

Per concludere il commento, vorrei riportare la testimonianza di un uomo circa l'esperienza del suo proprio risveglio. Si tratta di Tony Parsons, il quale la descrive in questo modo:

"L'illuminazione non aveva niente a che vedere con il mio sforzo per cambiare come sono, o la maniera in cui vivo, né assolutamente col fatto di cambiare la vita in sé. Aveva invece a che fare con un cambiamento totale nella comprensione di "chi sono realmente".

Tutto sta succedendo attraverso te stesso. C'è un grande sollievo quando si abbraccia questa comprensione: ogni colpa svanisce, non ci sono piú lamenti e si vede che sei stato portato qui per sederti ad ascoltare questo. Cessa ogni lotta, e lo sforzo per far sí che la propria vita funzioni bene perde repentinamente il senso. È allora, in questo rilassarsi e lasciare che la vita fluisca, che si apre una nuova possibilità..."

 

Enrique Martínez Lozano

www.enriquemartinezlozano.com

Traduzione: Teresa Albasini

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