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TRASCENDERE IL PERSONALISMO

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Mc 9, 2-10

Dopo tre giorni, Gesú prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle cosí bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesú. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesú: "Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!" Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscí una voce dalla nube: "Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!" E subito guardandosi attorno, non videro piú nessuno, se non Gesú solo con loro.

Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.

*****

Il termine "trans-figurazione" allude a quello che è "oltre" la figura, oltre la forma, addirittura oltre la "persona".

Lungo il processo di evoluzione della coscienza e, all'interno di questa, della specie umana, la "personalizzazione" costituí un momento decisivo: al culmine dello stadio razionale, l'"io personale" arrivò ad occupare il centro della scena, al punto che sembrava non esserci un altro valore superiore al di sopra della "persona".

Il cosiddetto "personalismo", sia in campo filosofico sia in quello teologico, cercò di mettere in risalto e di avallare i valori che scaturivano da questa nuova comprensione, con tutte le loro implicazioni etiche.

Nel terreno religioso, come ci si poteva aspettare, anche la divinità fu "personalizzata", al punto che, ancora oggi, molte persone religiose mostrano il loro disagio o protestano in modo adirato quando viene messo in discussione il carattere "personale" di Dio. Per non pochi teologi, persino tra quelli che piú hanno contribuito al progresso della teologia, l'idea di un Dio "personale" costituisce un limite invalicabile.

Che dire di tuto ciò? La rinomata studiosa delle religioni, Karen Armstrong, ha scritto: "Il Dio personale rispecchia un'intuizione religiosa importante: che i valori supremi non sono altro che valori umani... Il personalismo è stato uno stadio importante e -per molti- indispensabile nell'evoluzione religiosa e morale." Orbene, "un Dio personale può diventare un carico pesante. Può essere un semplice idolo scolpito a nostra propria immagine, una proiezione delle nostre necessità, dei nostri timori e desideri... Un Dio personale può risultare pericoloso."

In un senso piú esteso, si potrebbe affermare che, pur riconoscendo l'importante ruolo che ha svolto il "personalismo" nel processo di evoluzione della coscienza, la mera pretesa di assolutizzarlo rivela ignoranza.

Perché la "persona" non è che una forma che prende la Coscienza. E l'identificazione con questa ci riduce a ciò che non siamo, chiudendoci nell'inganno piú radicale, che consiste nel credere di essere degli esseri separati circoscritti al corpo e alla mente. La realtà è che non ci sono "persone" -in quanto esseri separati e presumibilmente autonomi-, ma solo Coscienza che agisce. Per questo, il "personalismo" comincia ad essere trasceso (superato) nella coscienza transpersonale, in tutti i campi sopraccitati. Come indica la stessa etimologia (prosopon = maschera), la "persona" non è che un "ruolo" che adotta la Coscienza in questo scenario di forme.

Le implicazioni religiose appaiono chiare: se la nostra identità non è la "persona" che la nostra mente pensa, ma questa non è che una "maschera" di ciò che siamo, come osiamo affermare che la cosa piú elevata che possiamo dire di Dio è che sia "persona"?

Non nego che una persona possa vivere una relazione "personale" con Dio (da un "io" a un "tu"), ma partendo dalla lucidità di non assolutizzarla. In questo modo, siamo esseri relazionali, ma sarebbe importante non dimenticare la nostra identità ultima.

Da questo punto di vista, il racconto detto della "trasfigurazione" verrebbe a dirci che le cose non sono quel che sembrano, e che noi stessi non ci riduciamo all'"apparenza" ("persona") che i nostri sensi e la nostra mente percepiscono.

 

Enrique Martínez Lozano

www.enriquemartinezlozano.com

Traduzione: Teresa Albasini

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